The Sick Man Of Europe
Più veloce, ma più lento (la musica obsoleta di The Sick Man of Europe)
Era il 16 aprile di quest’anno quando The Sick Man of Europe detonava il primo singolo destinato a far parte dell’omonimo album di debutto: Obsolete, brano che ha subito attirato l’attenzione degli ascoltatori e delle riviste che galleggiano sull’orbita della musica indipendente/alternativa.
Un signor nessuno, nascosto all’ombra dello pseudonimo The Sick Man of Europe, proveniente da Londra, prodotto dall’etichetta The Leaf Label, questo e davvero poco altro è dato sapere su questo artista.
Nel nostro mondo fatto di iper-esposizione ha deciso di tornare a stimolare la curiosità del pubblico nel modo più antico e potente di sempre…celandosi.
Qualche mese prima era stato rilasciato un EP di 3 brani, Moderate air Quality passato inosservato ai più, ma contente già parte di quelle atmosfere che ritroviamo, di fatto, nel suo primo album e che rimandano chiaramente al miglior post-punk oscuro e danzereccio di matrice anglosassone che possiate ricordare.
Chi è The Sick Man of Europe? Quanti anni ha? Suona da solo? Ha una band? Canta soltanto oppure è lui stesso ad usare la strumentazione? Si intravede una chitarra nelle poche immagini presenti in rete, si vedono braccia sulle copertine dei primi singoli e poco, pochissimo altro, mentre sulla copertina del disco campeggia la sua faccia, per metà inondata da un bianco accecante e per metà immersa in un profondissimo nero di bauhaussiana memoria. Del resto dalla prima nota del suddetto Obsolete e subito dopo, ai primi battiti della drum machine incalzante, sei catapultato in un fiume di reminiscenze che si incrociano, girano, vorticano nel tuo cervello assieme alla voce robotica che ascolti e che ti fa sentire programmato per l’obsolescenza, come un qualunque dispositivo elettronico, pronto ad essere inutile nel giro di qualche anno. Non c’è speranza nella musica di The Sick Man of Europe, come potrebbe averla un uomo gravemente malato?
Anni fa c’era un ragazzo che si sgolava urlando “Rape Me”, violentami, fammi sentire vivo, qui, invece, siamo esattamente dall’altro lato, niente rabbia furiosa e adolescenziale, quello che richiede l’uomo malato è di essere pensionato, messo da parte, reso obsoleto appunto “Retire me, make me obsolete”.
La musica di The Sick Man of Europe non è per nulla nuova (c’è qualcosa di nuovo a questo mondo?), lo vedi sporco di sangue mentre ancora banchetta con le membra dei cadaveri di tutti i gruppi che ti sono sempre piaciuti, spiattellati lì, davanti ai tuoi occhi: Joy Division, NEU!, Kraftwerk DEVO, Bauhaus e The Sounds, per restare in superficie.
Non a caso forse il secondo singolo Transactional richiama un’assonanza nel titolo con una certa Transmission ed è assolutamente digitale e fredda nel suo ritornello “I’m fear, I’m here”, così come lo era Digital dei Joy Division e così com’è digitale il video che accompagna la canzone: uno schermo splittato in due per tutto il tempo, in cui, alla luce di strobo rosse e bianche, a sinistra balla lui e a destra una lei (chi sarà?).
Eppure nella musica programmata e fredda, piena di synth, di ritmi clinici, semplici e sincopati (vedi Acidity Regulator), con chitarre e bassi che si rincorrono e si incrociano, su scale di una semplicità fanciullesca riesci a sentire una personalità, riesci a capire che chi ti sta parlando con quella voce fredda e rassegnata lo fa con il tuo stesso dizionario, anzi ha mangiato tutto il fottuto libro e ora è finalmente pronto a vomitarti tutto quello che viene dal suo stomaco.
In Lost Highway di David Lynch, per chi ha avuto la fortuna di vederlo, il protagonista ad un certo punto non riconosce più la moglie e le dice “Eri tu, sembravi tu, ma non eri tu” e lo stesso si percepisce quasi per ogni brano di questo album, anche in Profane Not Profound (terzo singolo estratto) la presenza della band mancuniana più famosa aleggia e addirittura la senti citata nel suono dello spray che accompagna il beat (ricordate She’s Lost Control?), ti senti a casa, ti sembra il brano di prima, anzi ti sembra sempre lo stesso brano, ma poi parte tutto il resto, in questo caso due note di una chitarra e tutta quell’amalgama di suoni che creano un’atmosfera familiare e nello stesso tempo straniante. Che dire, è bravo The Sick Man of Europe ha un suo modus operandi, ha carattere, riesce a prenderti all’amo dalle primissime battute, il suo disco nasce già come un classico e ora la cosa più complessa per lui è andare avanti, sperando che questo non diventi, com’è stato per gli Interpol Turn on the Bright Lights, un peso troppo grosso da portare.
Concludo segnalando Sanguine il brano più lungo (circa 9 minuti) e probabilmente più denso dell’album e consigliando l’ascolto e il riascolto di Movement: chiudete le finestre, spegnete tutte le luci, alzate il volume e lasciatevi trasportare, ballate - ballate - ballate, come diceva il genio di Martin Hannett più veloce, ma più lento!
di Ron Rocket